Praga. La Primavera di Praga
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Il 5 gennaio del 1968 in Cecoslovacchia, Alexander Dubček è eletto segretario del Partito Comunista. Con lui a capo, la direzione del partito vara una serie di riforme che riguardano una maggiore libertà di parola con l'abolizione della censura, di iniziativa economica con il riconoscimento di una maggiore autonomia dei dirigenti delle aziende pubbliche ed il superamento della logica dei piani quinquennali imposti dall'Unione Sovietica e una democratizzazione della vita politica. Una svolta riformista appoggiata dalla popolazione ma invisa al PCUS (partito comunista sovietico) guidato da Leonid Brežnev ed anche ai più conservatori nel suo stesso partito. Ha inizio così la Primavera di Praga.
Il Comunismo dal Volto Umano, come viene chiamata la teoria alla base dell'azione di governo di Dubček, tende ad una progressiva destalinizzazione del paese rispondendo alle pressioni che giungono dall'opinione pubblica già dall'inizio degli anni '60 ed un riconoscimento delle istanze autonomistiche della Slovacchia con la formazione di un governo federale. Tutto ciò comporta ovviamente una messa in discussione del ruolo guida del PCUS e della centralizzazione della vita politica ed economica dei paesi del Patto di Varsavia. Dubček per evitare che la Cecoslovacchia subisca un'invasione dell'armata rossa come l'Ungheria nel 1956, cerca di rassicurare Brežnev ed il Politburo che la Cecoslovacchia non sta mettendo in discussione i principi del marxismo-leninismo e soprattutto la posizione internazionale della Cecoslovacchia all'interno del Patto di Varsavia , ma Brezhnev, che si era liberato di Krušev e delle sue aperture all'Occidente, non vuole concedere nulla temendo che l'apertura di un paese significhi il crollo dell'intero sistema. Decide quindi l'invasione. La notte fra il 20 e il 21 agosto carri armati sovietici entrano a Praga e occupano tutte le strutture strategiche della capitale e del paese. Dubček viene arrestato e portato a Mosca dove si tenta di fargli ritrattare le sue riforme, deve quindi lasciare la segreteria del partito comunista cecoslovacco mentre tutta la classe dirigente cecoslovacca è sostituita da politici graditi a Mosca. Dubček viene costretto all'esilio in un villaggio nelle foreste della sua nativa Bratislava.
16 gennaio 1969 Jan Palach, uno studente poco più che ventenne, si cosparge il corpo di benzina e si dà fuoco con un accendino in piazza San Venceslao, al centro di Praga. Rimane lucido durante i tre giorni di agonia e dichiara di aver preso a modello i monaci buddhisti che facevano altrettanto per protestare contro la Guerra in Vietnam. Al suo funerale, il 25 gennaio, partecipano 600.000 persone provenienti da tutto il Paese. Altri sette studenti seguiranno il suo esempio nei mesi seguenti.