Biblioteca Brancacciana

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La Biblioteca Brancacciana prende il nome dal suo fondatore, il card. Francesco Maria Brancaccio, che la costituì a Roma nella prima metà del XVII secolo. In seguito trasferita a Napoli, fu collocata nel palazzo attiguo alla chiesa dell'Ospedale di Sant'Angelo a Nido e aperta al pubblico nel 1690, divenendo così la prima biblioteca pubblica aperta in città.
Nel tempo il patrimonio della Brancacciana crebbe grazie alle donazioni e grazie a una disposizione di Carlo VI d'Austra che nel 1724 concesse alla biblioteca il diritto di stampa. La storia dell'istituzione continuò indisturbata fino all'avvento del governo francese, quando cadde in rovina. Fu Murat a porla sotto la propria protezione dichiarandola Reale e assegnandole una dotazione annua per l'incremento del materiale librario. L'incremento del materiale rese necessario un ampliamento dei locali che causò una chiusura della biblioteca prolungata fino al 1860. In quell'anno il principe Gherardo Brancaccio assegnò alla biblioteca una dotazione mensile che non servì, comunque, a migliorarne le sorti. Donata dapprima alla Biblioteca Universitaria, tornò autonoma nel 1901 per poi essere annessa definitivamente alla Nazionale nel 1922, sebbene la mancanza di spazio all'interno del Palazzo Reale impedisse un funzionamento della Brancacciana come sezione autonoma. Nel 1937 la Biblioteca Nazionale ottenne l'edificio secentesco della famiglia Brancaccio. Si decise di riportare l'antico fondo, ad eccezione dei manoscritti e degli incunaboli, nell'antica sede di vico Donnaromita. Il fondo è in seguito tornato alla Nazionale e le schede dei suoi volumi sono fuse nel catalogo generale della Nazionale. La collocazione di questi volumi è del tipo B. Branc. - numero arabo – lettera – numero arabo. I testi considerati pregiati, inclusi i manoscritti, sono custoditi nella sezione Manoscritti e Rari.